Paul Pogba segreto: ”Vi racconto chi sono fuori dal campo”

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Paul Pogba (getty images)
Paul Pogba (getty images)

 

POGBA JUVENTUS – Nel corso dell’intervista a La Gazzetta dello Sport, Paul Pogba ha parlato anche di altri temi non necessariamente legati al campo di gioco. Ecco il Pogba uomo e non calciatore: ”Chi è il mio idolo? Da sempre Kakà. Il mio modello? Ne ho due: Yaya Touré e Abou Diaby, anche per una questione fisica. Sono molto simile a loro. Il centrocampista più forte del mondo? Esclusi i miei compagni, è una lotta a due fra Yaya Touré e Iniesta. I miei punti di riferimento a Torino? Pirlo, Marchisio e Vidal. In ogni allenamento cerco di rubare loro qualcosa. Raggiungerei la perfezione con la tecnica di Claudio, l’aggressività di Arturo e la geniale pulizia dei passaggi di Andrea. Che rapporto ho con Torino? Ci sono città migliori in giro per il mondo, questo è sicuro (sorride, ndr), ma Torino è carina e la sua gente mi riempie d’affetto, mi fa sentire bene. Fidanzato? Il fidanzamento è una cosa seria, diciamo che frequento da tempo una ragazza francese. Attori preferiti? John Travolta, Denzel Washington e Jason Statham in “The Transporter”. Film preferito? Pulp Fiction è fantastico. Capitolo Nazionale: la Francia è destinata ai playoff. Paura di perdere il Mondiale? Assolutamente no, non c’è Mondiale senza Francia. Siamo forti, il futuro è nostro, abbiamo solo bisogno di giocare qualche gara insieme: la squadra è infatti giovane. I miei fratelli Florentin e Mathias giocano per la Guinea? Sogno di incontrarli sul campo un giorno, magari a un Mondiale. Io sono francese, ma ho la Guinea nel cuore. L’Italia è un Paese razzista? La parola negro viene malamente accompagnata un po’ ovunque: in Italia, in Francia, in Inghilterra, in Spagna e pure in Africa ci sono forme di razzismo. Spesso si tratta di pura ignoranza, di gente che dice cose che non capisce. In generale, comunque, va tenuta sempre alta l’attenzione. Certo che è pazzesco stare qui a parlare di certe cose nel 2013. Un domani mi piacerebbe diventare qualcuno anche per essere più credibile nella lotta al razzismo”.

Marco Orrù