Dybala a Vanity Fair: “Chi gioca ad altri livelli è spesso solo”

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Dybala
Dybala © Getty Images

Dybala cala la “mask”. Svestiti i panni del giovane fenomeno della Juventus, il numero 10 bianconero si racconta a Vanity Fair, parlando della sua infanzia, della sua carriera e delle sue aspettative future. Lo fa con una certa serenità, inaspettata rispetto al momento di crisi che la Joya sta attraversando in campo. Ed è l’amore per il calcio a guidare le sue parole: «Dio ci dà un dono, ma poi quel dono va lavorato. Ne ho visti tanti di fenomeni nei settori giovanili. Ragazzi di cui dicevano: “Se solo avesse avuto la testa, avrebbe potuto essere Maradona o Messi”. Ecco, io ho lavorato soprattutto per evitare questo». C’è stato un momento in cui ’attaccante della Juventus ha pensato di non farcela, di lasciar perdere: «Mio padre è morto per un tumore, quando avevo 15 anni. Fu un dolore fortissimo. Nei mesi precedenti non riusciva più a venirmi a trovare e il club mi fece andare a casa per un po’ di tempo. Sei mesi erano troppo pochi e mi venne la tentazione di mollare tutto. (…) Forse un giorno lo ritroverò o forse no, a papà però penso sempre e gli dedico tutti i miei gol».

Dybala e il calcio: la solitudine, le aspettative, i traguardi sempre più importanti

Le confessioni della Joya proseguono e si soffermano sulla condizione psicologica che vive un campione, le cui mosse sono osservate continuamente: «Quando abbiamo un pallone tra i piedi, noi calciatori siamo felicissimi. Quello che succede dietro, nel retropalco, spesso non è proprio bellissimo. Chi diventa un calciatore quando arriva al mio livello? Il più delle volte un uomo molto solo». Sarà questa solitudine che pesa sul rendimento incostante dell’argentino? Su tutte le sofferenze, però, svettano le soddisfazioni, quelle raggiunte e quelle da conquistare, come il Pallone D’Oro: «Quando ci riunivamo intorno al fuoco, da bambini, d’estate, espressi quel desiderio con i miei amici. (…) Vincerlo sarebbe un messaggio importante per tanti bambini. Per tutti quelli che nati in un piccolo posto lontano dai grandi centri possono sperare di poter raccontare una storia simile alla mia». Dybala si prepara a vivere anche l’emozione del Mondiale e svela di aver ricevuto un’interessante proposta: «Mi è stato chiesto di vestire l’azzurro e sono stato molto grato. Avevo 19 anni e rispondere “no, grazie” fu dura. Ma sono argentino e sarebbe stato un inganno».

Alessandra Curcio