Marotta: “Più ci attaccavano, più ci caricavamo. Buffon? Per ora, godiamocelo”

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Beppe Marotta
Beppe Marotta © Getty Images

L’amministratore delegato della Juventus, Beppe Marotta, ha rilasciato alcune dichiarazioni ai microfoni di JTV. Di seguito il contenuto dell’intervista: “Sono sempre dei momenti straordinari nella propria esistenza, rimane dentro qualcosa che difficilmente si può dimenticare. Abbiamo avuto una nottata faticosa, con la trasferta e lo stress. Il postpartita è stato pesante ma quel peso è coinciso con la bellezza di un momento positivo. Credo che nello sport la società venga prima di tutto, non ho mai visto vincere una competizione da una squadra che non avesse alle spalle una società forte. E la nostra è una società forte, ha alle spalle la forza di una famiglia e noi questi sentimenti li trasmettiamo a tutti i giocatori”.

Futuro?

“Ottavo scudetto? Per vincerlo dovevamo vincere il settimo, quindi già questo è importante. Nel calcio si avvicendano giocatori, allenatori e dirigenti, ma non bisogna passare da un sentimento rivoluzionario, ma da un sentimento di evoluzione. I cambiamenti sono fisiologici in un mondo che brucia tutto velocemente”.

Tante critiche? La risposta di Marotta:

“Più ci attaccavano, più noi ci caricavamo. La Juve ha una grande caratteristica, a livello mondiale: è la forza di resistere a tutte queste critiche eccessive, per non dire insulti”.

Una crescita importante… – “Il primo anno è stato difficile, non avevo capito cosa significasse essere alla Juventus e con Andrea Agnelli ci siamo scambiati spesso questa valutazione. Prima di tutto c’è il senso di appartenenza, legato al fatto che la proprietà è la stessa da tantissimi anni. Attraverso la proprietà sono inculcate una cultura di lavoro e di grande rispetto e sacrificio, da cui derivano grandi obiettivi che devono essere raggiunti”.

La Juve è tornata

“Nel primo anno abbiamo avuto anche rifiuti eccellenti, poi quando ci siamo riconsolidati e abbiamo riconquistato quel palcoscenico che è consono alla storia della società sono arrivati tanti consensi, tra cui quello di Pirlo. Questo è il significato chiaro di ciò che rappresentano il brand, i colori e la storia di questa società”.

Allianz Stadium? Nel lessico calcistico si parla sempre di stadio come dodicesimo uomo e questa è la consacrazione. Sia perché il pubblico juventino è così caloroso, sia perché questo tipo di stadio ti dà un tipo di contatto diretto, fisico con i giocatori in campo. E i giocatori lo sentono”.

Addio Buffon

“Intanto dobbiamo goderci il passato e il presente di un campione. Un campione è tale quando, andando via, lascia qualcosa di incancellabile dal punto di vista professionale e umano. Leader di sé stesso e della squadra, sarà difficile per noi trovare un sostituto, soprattutto come rappresentante di valori positivi”.

Allegri? “Difficile andare a disquisire quanto è la percentuale da attribuire all’allenatore in un successo sportivo. Ma al di là di questo, Allegri ha dimostrato con i fatti di essere all’altezza della Juventus e ha portato dei risultati straordinari. Allegri è l’autista di questo gruppo. Accanto a lui c’è certamente una società che l’ha supportato in quelle che sono state le sue idee”.

Seconde squadre – “Come avete saputo alcune leghe hanno protestato. Per me incomprensibile. Penso che le seconde squadre siano importanti per la crescita dei talenti, ma per lo spettacolo in generale e per le nostra Nazionali. Significa che quel gruppo di giocatori che ancora non è pronto per la prima squadra possono crescere accanto ai campioni nelle nostre strutture. Quindi è uno strumento indispensabile. Mi sorprendono quindi le proteste di talune categorie che dovrebbero tutelare il movimento calcistico, che potrebbe portare bene alla Nazionale e ai nostri talenti”.

VAR – “E’ motivo di grande soddisfazione per noi, la Juve è sempre stata tacciata di aver ‘rubato’ i risultati. Il fatto che sia arrivato un mezzo tecnico che pur non essendo perfetto aiuta l’arbitro a ridurre il numero di errori ha portato ad una Juve comunque vincente. Il VAR deve essere però perfezionato, io estenderei il protocollo”.

Champions – “Non è che se non ti impegni in campionato ottieni risultati in Champions. Queste sono coincidenze. La differenza tra la Champions e il campionato è che la Champions è un torneo. Basta un episodio, un sorteggio sfortunato, un episodio arbitrale e sei eliminato. In campionato invece vince sempre la squadra più forte. Può esserci un errore, una serata no, ma alla fine le cose alla lunga vanno bene. In Champions invece può capitare che non arrivi con la squadra al massimo, o che l’arbitro veda un rigore che non c’è come ci è successo”.