Serie A, i presidenti all’attacco: «Con questo protocollo non si può giocare»

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La serie A è pronta a ripartire il prossimo 13 giugno ma ci sono tanti interrogativi ancora all’orizzonte. Legati soprattutto al protocollo medico-scientifico al quale i club dovranno attenersi scruposolamente. E’ logico che tutti vogliano limitare al minimo il rischio di contagi, ma i presidenti non sono d’accordo su alcuni aspetti.

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@Getty Images Allianz Stadium

Serie A: il problema della quarantena

A far discutere è la quarantena legata alla possibile positività di un giocatore o di un membro dello staff. Secondo il protocollo dovrebbe essere di quattordici giorni per tutta la squadra. Molti presidenti sperano invece che questo protocollo cambi e si riduca la quarantena ad sola una settimana per il contagiato, mentre per gli altri giocatori dovrebbero esserci esami medici che possano servire, in caso di negatività, per continuare a giocare. Anche perchè il rischio di trovare dei positivi, tra spostamenti continui e partite, è davvero molto alta. E la quarantena “lunga” per tutta la squadra vorrebbe dire la quasi impossibilità di concludere il torneo.

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Malagò apre alla ripartenza

Il presidente del Coni Malagò nel frattempo si è detto praticamente sicuro sulla ripartenza della serie A, ma anche per lui quel che accadrà dopo il 13 giugno è un punto interrogativo. «Il campionato di Serie A ripartirà il 13 giugno al 99%» ha detto, aggiungendo però anche «Per sapere poi quante chance ci sono che il campionato finisca bisognerebbe invece avere la palla di vetro. E’ il vero rischio, l’ho già detto due mesi fa con serenità: in Germania hanno fatto un accordo con i calciatori nel caso le cose non riescano a chiudersi. Nel caso italiano l’obiettivo unico è ricominciare».